Palio della Ribusa 2015

 

Dimora nobilissima di un copioso patrimonio storico-culturale, Stilo, nelle sue straordinarie e insolite tradizioni ossequia il “Palio di Ribusa”: una rievocazione storica davvero solenne. Nel cuore dell'estate, infatti, la città si anima tutta di magia e di suggestiva bellezza, dalle antiche gesta di cavalieri a musiche, giochi e sapori di epoche passate. Nell'intreccio di immagini e brividi di una passione imprevedibile, si salta all'improvviso nel mondo di tanti secoli addietro. La notte seduce con incensi e danze meravigliose, che danno il via a competizioni tra eroi, a chimere, a miti, per suscitare stupore e godimento. L'incanto e la sorpresa si riaccendono tutte a similitudine nelle fiamme delle torce brucianti, nella curiosità rapita dal buio dei vicoli, nell'influenza di ebbrezze e inquietudini che conducono alla totale immedesimazione, fino a dimenticare la voce del presente.
E la mente al tumulto intonato dai sensi si abbandona a pensieri che corrono sopra ignoti mondi e fusioni di idee generate dall'inconscio, oltre l'inanimato e l'umano tentativo di toccare l'impossibile.
E' il sogno a dominare il reale.
A Stilo, perciò, tutto si trasforma in occasione del “Palio di Ribusa”, che costituisce una manifestazione culturale di grande richiamo nata per far rivivere l'antica tradizione della Contea di Stilo e dei suoi cinque Casali. Pur non essendo rievocativa d'analoghe manifestazioni avvenute nel corso dei secoli, il "Palio di Ribusa" rappresenta oramai il più prestigioso ed accreditato appuntamento calabrese sul Rinascimento, un evento che ha fatto scuola per le tante iniziative sorte a sua imitazione in Calabria. La festa storica affonda le sue tradizioni secolari nella cultura e nell'economia stilese e un tempo rappresentava un importante momento d'incontro soprattutto per il mondo agricolo, sia per l'esposizione e la vendita degli animali che degli altri prodotti agricoli in genere. Oggi l'antica “Fera” è davvero un fine settimana dedicato all'immaginario dei sensi. Viuzze e piazzette pullulanti di vite gioiose che riecheggiano suoni di flauti e liuti per "laudare et delectare", odori di sapori genuini locali, fruscii di lunghi vestiti che sognano incontri galanti. Il piacere di guardare, di sentire, assaporare e provare, lo si scopre negli atri dei sontuosi palazzi del borgo udendo armoniosi canti a cappella, lo si incontra in tutti i banchetti dei tavernieri di circostanza, degli artigiani e degli artisti che rievocano antichi mestieri, lo si sente assaggiando le leccornie afrodisiache delle osterie e taverne, lo si ammira durante il corteo storico con lo spettacolo dei mangiafuoco e lo zoccolar dei cavalli. Tempi passati si fanno presenti miracolosamente, attraverso il suono di strumenti ricostruiti sulla base di miniature ed iconografie originali, con aromi un po' inebrianti, con i colori della magia e del mistero, i movimenti del corpo dei saltimbanchi e trampolisti, la nobile andatura dei cavalieri. Il fascino incredibile delle serate, in cui si alternano tutti i gruppi presenti offrendo uno spettacolo magnifico ed ogni sera diverso. Un'esperienza unica per tutti: la possibilità di entrare nel cuore della storia della “Città del sole”, di cogliere il segreto della sua libertà lunga parecchi secoli, che un grande filosofo, figlio della stessa terra di Stilo, così segnò. Un viaggio inusuale in un'atmosfera d'altri tempi e in quel periodo critico e pur interessante e magico (secoli XV, XVI e XVII), che caratterizzò la società e le istituzioni del Regno di Napoli. Un evento storico unico, che richiama la fiera signorilità della città di Stilo, che Re Roberto nel 1339 chiamò “sua terra” e Giovanni d'Austria identificò come “fedelissima”. La sua istituzione è strettamente legata allo svolgimento della “Fera de Rebusa”, una delle più importanti fiere che venivano organizzate nelle Calabrie, ma soprattutto è legata alla storia di Stilo e del suo Regio Demanio. Il termine “Ribusa” richiama alla mente le vicissitudini della nobile città di Stilo e si riferisce ad un feudo dell'antica Contea, che fu occupato da Luigi Concublet e che Ferdinando I°, l'undici marzo del 1464, ordinò di consegnare a tale Cola Tomarello, consigliere del marchese d'Arena. In quegli anni segnati da travagliate e illustri vicende per il “tenimento” stilese, si svolgeva la “Fera di Ribusa”, che era, appunto, un rilevante momento istituzionale e tutt'uno con la grande festa popolare partecipata da “gente atta all'arme, soldati del Battaglione a piedi et a cavallo, e gente terrazzana di nobili onorati et del popolo con spari di archibugi in conformità del solito et cetera”. Della “fiera” trattano due documenti trascritti dall'Archivio notarile di Gerace e rogati nel 1650 e nel 1717. Storia e memoria. Vivere oggi l'esperienza del Palio di Ribusa è come vedere un mondo assopito, che s'incendia d'improvviso di immagini gioconde, che ritornano da lungi, con l'atemporalità loro e la ricordanza degli antichi splendori. Nella gloriosa città di Stilo ci si ritrova travolti nella corrente della storia più nobile e fortunata, all'altezza di ciò che sta oltre la stessa memoria. E' come stare, infatti, sotto una cascata di sogni sublimi e colori evanescenti, nel movimento di fantasie e danze leggiadre, emanate dai tripudi di ritorno. Il Palio di Ribusa è questa rappresentazione, fedele di un passato che ha il potere di sedurre ancora, dentro notti di magie e visioni, e di ricondurre al proprio destino echi seduti sul pendio del silenzio, attraverso un battere appassionato di realtà già state, che sentono essere sempre più mistero il segreto affidato dai fuochi, quando s'addensano a ruota spiegata per ravvivare le vie del borgo medievale, e scherzanti spiano l'invidia e i sospetti delle ombre. Stilo, sotto questa luce di fiaccole ardenti e anelanti, simboli d'immortalità, lascia volentieri che l'orgoglio della tradizione esca dalla propria casa a incontrare la cultura accanto. E qui, dove la spensieratezza e il riso divengono motivi di un vivere vicino e comune, le cui esperienze si fondono nel clamore festoso dei suoni e dei banchetti, avviene il ritrovo delle varie etnie tra origini, sapori, miti e costumi. Il Palio di Ribusa è un'estasi d'effluvio di ebbrezze invisibili al chiaro di luna, che si specchia nei larghi scudi, nelle abbaglianti spade, senza chiedere attenzione alcuna. Poiché ogni sguardo giungerà lassù spontaneamente. La musica, vera amante d'ogni tempo passato, presente e futuro, passa ivi attraverso le porte del meraviglioso, e basta che essa scuota il suo sonaglio di rimembranza per riaccendere il desiderio dei secoli, i vecchi sussurri, il mormorio degli astri, l'ansia di profezie e gli umori mistici degli incensi. Le profezie campanelliane. Si, proprio la musica, autentica testimone, dea del poetare e del destare, rende indimenticabili, col tatto dell'incanto, emozioni, atmosfere, pensieri, con parole che vagano non dette tra l'alba e il tramonto, tra passione e fato, intense di solitudini come amore taciuto e follie interrotte. A questo suggestivo scenario, una realtà fa da struttura portante: il piacere di lasciarsi investire dallo stupore, in forza di una saggezza che canta, nei silenzi della mente come nel furore dei sensi, la sfida, la folla, la virtù, la vittoria, l'ispirazione, l'incredibile. Tutto questo è libertà possibile capace di creare una cultura ricca e incomparabile, nella quale affascinati e attratti, curiosi e bramosi sono i veri protagonisti di questa storia straordinaria.
 

                                                                                                                                  Francesco Sorgiovanni



 

 

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